Intervista a Luché: “Dedichiamo questa vita a qualcosa…”

Già membro del seminale duo hip-hop partenopeo Co’Sang, Luchè è reduce dal suo primo lavoro solista, dalle sonorità più smussate e più lonano dalle realtà di strada raccontate in precedenza. L1 ha creato tra i fan di vecchia data una discussione tuttora accesa, nonostante il disco sia uscito mesi fa e ne sia già in lavorazione il seguito, L2. Abbiamo fatto qualche domanda a Luca per fare chiarezza sul suo nuovo modus operandi, sul suo presente e sul suo futuro.

Da un punto di vista stilistico, è chiaro un cambio di direzione rispetto ai lavori passati. Queste differenze riflettono anche un cambio nel tuo stile di vita o nelle situazioni che ti trovi ad affrontare?
Sì, assolutamente. Dall’ultimo disco dei Co’Sang sono passati quasi quattro anni. Di sicuro sono cresciuto io, ho fatto esperienze diverse, non sono più la stessa persona che ero dieci anni fa, insomma. Sono sempre io, però quando cresci, hai trent’anni, vedi altre cose, vivi altre cose e devi anche raccontare altre cose. Credo che la musica, per avere longevità, debba raccontare con ogni disco il momento e come ti trovi in quel momento.

Le produzioni del disco sono affidate a Geeno e Rosario “D-Ross” Castagnola. Mentre ai tuoi fan le produzioni di Geeno possono risultare familiari, lo stesso non si può dire per quelle di D-Ross. Come è nata e come si è sviluppata questa collaborazione?
È stato bellissimo. Come già detto, Geeno era già conosciuto dai fan, ha prodotto per noi già dai Co’Sang e ha continuato a produrre anche per me. Con Rosario ci siamo conosciuti perché lavora anche con altri artisti a Napoli e non, quindi attraverso amicizie comuni ci siamo conosciuti e abbiamo deciso di cominciare a provare questo esperimento, poi è nata un’amicizia. Alla fine con Rosario la cosa bella è che riesco a fare cose che io da solo non potrei fare. Io porto le mie idee e magari lui, che suona vari strumenti, arriva dove io non posso arrivare da solo, anche mettendoci del suo, quindi fondiamo un po’ i due stili, stiamo cercando di fare dei dischi che anche musicalmente siano molto curati.

Sei sempre molto attivo sui social network ed è evidente l’intenzione di instaurare un dialogo costante con i fan. Nel complesso quest’esperienza si è rivelata costruttiva?
Secondo me sì,  io sto affrontando un nuovo inizio perché comunque la gente era affezionata al gruppo, trovarsi davanti un personaggio singolo che fa cose diverse ha dei pro e dei contro. Il web è proprio il punto d’incontro con le persone che mi seguono e che non esisterebbe altrimenti. Anche le interviste a volte sono brevi, magari non riesci a spiegare tutto quello che vuoi dire, le persone non comprano i giornali o non vanno sui siti. Le pagine twitter e facebook sono un contatto diretto con le persone, secondo me aiuta tantissimo a far capire le mie idee quali sono e io chi sono come persona e questo mi rende sicuramente più vicino ai fan. Io credo che adesso la musica non basti, bisogna comunque dare di più, bisogna far uscire tutti i lati di una personalità e parlare con le persone, lanciare un input può solamente aumentare il numero di persone che ho intorno e aiutare il dialogo che ho con loro.

Oltre alla musica, ti sei dedicato anche alla regia di videoclip. Come ti sei avvicinato a questa forma di espressione e come decidi quali progetti intraprendere?
È una passione, a me piace raccontare, mi è sempre piaciuto, anche tramite le immagini. È una cosa che purtroppo non posso coltivare sempre, sono quasi inesperto, sono ad un livello non amatoriale ma neanche professionale, però mi piace tanto. Se ne avessi il tempo sicuramente studierei di più, mi piace perché anche con le immagini vado a rafforzare un po’ i testi. Scelgo di fare i pezzi che mi ispirano qualcosa, un’idea, non è che faccio la regia di qualsiasi cosa, di solito faccio la regia delle cose mie.

È stato reso noto che L2 uscirà per Roccia Music, la neonata etichetta di Marracash. La scelta della giusta etichetta può rivelarsi cruciale per la riuscita di un disco. Cosa ti ha portato ad optare per Roccia Music?
Io credo sia stato molto naturale, perché io e Marra abbiamo più o meno gli stessi gusti e poi c’era comunque un’amicizia di base, ci rispettiamo molto come esseri umani e come artisti. Poi non è che avevo contattato altri prima di scegliere. Potendo magari si opta per la major più potente che c’è, ma non può mica scegliere l’artista, è sempre l’etichetta che ti chiama. Con Fabio comunque è diverso, perché più che di un’etichetta discografica si tratta proprio una crew, nel senso che ci siamo uniti, loro mi hanno accolto nel loro team e adesso inizieremo a collaborare, partecipando a eventi e facendo pezzi insieme, poi ovviamente spingeremo L2 insieme. Quindi tutto è nato dall’amicizia, dal rispetto e dalla visione della musica che condividiamo.

A proposito di L2, puoi darci qualche anticipazione sulla data di uscita o su eventuali collaborazioni?
Al momento è presto. Ho tre pezzi che voglio mettere sul web nelle prossime settimane o nei prossimi mesi e sono solo per dare qualcosina ai fan, per non stare fermo per troppo tempo, insomma. Contemporaneamente lavoro al disco, non voglio fare una cosa affrettata, voglio farla bene e ragionata, quindi se ci riesco lo facciamo in primavera, altrimenti ad ottobre, mi prendo il giusto tempo, è giusto che sia così.

In passato hai dichiarato di non aver abbandonato completamente il dialetto. Sono in cantiere lavori in napoletano o per ora ti stai dedicando esclusivamente a L2?
Ho fatto un pezzo in dialetto su una base americana, una sorta di studio freestyle, scritto in un giorno, per esercizio stilistico. Vorrei farlo uscire a breve, ho già registrato uno street video. Devo ancora completare il pezzo, sono stato impegnato in tante cose e devo ancora registrarlo. Appena torno a Londra lo registro e spero che esca per dicembre. Per L2 ho già una decina di beat selezionati, vorrei selezionarne altri quattro o cinque e poi in base ai beat vedremo se ci saranno tracce in dialetto. Vorrei fare la maggior parte delle tracce in italiano e poi anche delle tracce in dialetto.

Passare dal dialetto all’italiano è stato un grande passo. Hai incontrato difficoltà nella transizione?
All’inizio, quando provammo due anni fa, sì. Te ne rendi conto, magari credi di essere pronto e invece non lo sei, ti riascolti i provini e pensi “mamma mia, suona proprio una merda!” Poi con la pratica credo di essermi sciolto abbastanza e adesso mi piace, è come aver scoperto un’altra lingua, è entusiasmante. E poi il fatto di sapere che adesso la mia musica la possono ascoltare tutti è una grande motivazione.

Quali credi siano i vantaggi e i limiti di entrambi gli idiomi? Credi ci siano argomenti che si prestano meglio ad essere trattati in una lingua rispetto all’altra?
Quando parliamo di criminalità e di strada e  raccontiamo una cosa molto cruda, delle situazioni particolari, il napoletano è la lingua perfetta, meglio dell’inglese. Anche con i Co’Sang ci sono dei pezzi che in italiano non avrebbero trasmesso la stessa crudeltà, la stessa cattiveria, o come diciamo noi “’a cazzimma”. Con l’italiano c’è il rischio di risultare banale, ma se scrivi bene l’italiano è poetico, è meno volgare del napoletano e quindi puoi acquistare un po’ di poesia, per quanto cattivo vuoi essere risulti sempre un po’ “soft”. Il napoletano è la lingua più cattiva che io abbia mai sentito, proprio per il suono delle parole, per la pronuncia. L’italiano ha il vantaggio di essere la lingua nazionale e inoltre è poetico, musicale, morbido. Certo, se vuoi essere pungente finisci per risultare più freddo che cattivo, magari il messaggio arriva comunque, però sono due lingue diverse.

“Il quartiere non è il mio mondo, mi ha spinto a girare il mondo”: in tutto il disco traspare uno spirito cosmopolita. Quanto è stato influenzato L1 dai tuoi viaggi? Quali aspetti dei posti che hai visitato vorresti comunicare all’ascoltatore con la tua musica?
Nella mia vita credo di aver viaggiato abbastanza. Dal 2002 ad oggi ho sempre vissuto tra Napoli e Londra, che è un po’ la mia seconda casa, poi sono stato a New York per svariati mesi, ho avuto casa nel Bronx per un inverno intero, ho viaggiato molto. Per questo ho scritto “il quartiere non è il mio mondo, mi ha spinto a girare il mondo”, poi gli ignoranti l’hanno preso come un tradimento, perché devi nascere e morire povero nel quartiere, altrimenti non sei vero. Persone dotate di un cervello invece hanno capito che, come ogni ragazzo normale, sono alla ricerca di me stesso, quindi viaggio, voglio vedere le cose e voglio dire a tutti quelli che si trovano nella condizione in cui ero dieci anni fa di aprire gli occhi e vedere che c’è una vita fuori dalle case popolari dove siamo cresciuti, di non perdersi nella depressione e nella disperazione. Non racconto le mie esperienze fatte in America o a Londra perché magari i ragazzi italiani non ci si rispecchiano, però vorrei tanto raccontare le sensazioni che si provano a stare in America, soprattutto per chi ama l’hip-hop, sei nel centro di tutto: ci sono mostre d’arte, sfilate di moda urban, concerti dalla mattina alla sera, nuovi trend, produttori, rapper… Questa è una cosa che secondo me chiunque dovrebbe provare, è questo quello che vorrei trasmettere.

C’è un messaggio unificatore che hai cercato di trasmettere con L1? Se sì, L2 si discosterà dal lavoro precedente o procederà sulla stessa linea?
L1 è la rappresentazione di me stesso, di quest’individuo che ha una vita piena di ostacoli però cerca di realizzare i propri sogni con ogni mezzo e cerca una nuova sfida giorno per giorno. Io non mi adagio mai, quando conquisto qualcosa per me è già passato, non me lo godo neanche (questo è un problema) e già voglio la prossima sfida. Il messaggio che voglio lanciare è quello di non arrendersi, di credere in qualcosa. Qua si vive una volta sola, dedichiamo questa vita a qualcosa, qualsiasi cosa, però non viviamo a vuoto, non viviamo perché l’aria è gratis. Viviamo per qualcosa e lottiamo. L2 credo che procederà sulla stessa linea, io adesso mi sento un po’ più incazzato, quindi magari sarà un po’ più dark, un po’ più cattivo, però il mio modo di fare musica è sempre lo stesso, si fanno prima tutti i beat, seleziono quelli che mi emozionano e poi ci scrivo sopra.