Deer Tick: “È una vita difficile, ma la musica la rende migliore”

Eccoci con i Deer Tick, una band che in pochi anni è riuscita a richiamare su di sé un’attenzione non indifferente anche per meriti secondari. Negativity, in uscita il 24 settembre 2013 per la Partisan Records, nasce in seguito a varie esperienze funeste vissute nel 2012, in quello che fu per McCauley, leader della band, un annus horribilis: il padre di questo venne accusato di frode fiscale e cospirazione,  e la sua personale sconfitta venne sancita in un processo con la decisione in tribunale della pena detentiva. Tutto ciò non poteva rimanere fisso nella realtà empirica di un artista come McCauley, e infatti, come spesso capita, le disgrazie – come la rabbia, la tristezza e il rimpianto da esse scaturite – diventano il perno rotante di quest’opera musicale. Nonostante l’abbattimento i Deer Tick continuano la loro carriera musicale e continuano ad avere l’energia necessaria ad andare avanti nel loro percorso più motivati che mai. Ora li vedremo in giro per il mondo e speriamo di incontrarli presto anche qui in Italia, e come ci hanno fatto capire, loro stessi sarebbero i primi ad esserne veramente entusiasti. E allora nell’attesa ci accontentiamo di una piacevole chiacchierata virtuale.

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Partiamo da una domanda basilare: perché avete deciso di chiamare la band Deer Tick?
Ian O’Neil: John?
John McCauley: Un tempo sono stato morso da uno di questi insetti. Sono esseri minuscoli e odiosi. Ho pensato avesse un suono triviale e abbastanza figo come nome da dare a un gruppo.

Questo progetto è iniziato come progetto solista, vero? Dopo cosa è successo?
IO: John?
JM: Diciamo che siamo sempre stati una band. Ho dovuto suonare molti concerti da solo, e alle volte ho dovuto anche registrare da solo, perché comunque ho avuto molti problemi a tenere assieme i membri della band per molto tempo.

Avete rilasciato una discreta quantità di album in pochissimi anni. Ad esempio nel 2010 usciva The Black Dirt Sessions, subito dopo, nel 2011, Divine Providence. E ora esce Negativity. Dove riuscite a trovare le forze di pubblicare così tante cose? Sentite che la composizione e la scrittura di canzoni sia un qualcosa di essenziale e basico per voi?
IO: Le canzoni di Black Dirt Sessions erano canzoni prese dalla lavorazione del precedente War Elephant. Una sorta di collezione di “b-sides” che divenne in seguito un album. Divine Providence lo portammo a termine in breve tempo e quello fu l’album dove noi cinque prendemmo la forma definitiva di una vera band. Invece Negativity comunque è venuto fuori dopo due anni. Abbastanza normale, no? (Ride N.d.R.)
JM: I credo che se tu hai del materiale tra le mani… beh, perché non pubblicarlo? Io sento il bisogno di scrivere, mi sento frustrato quando non posso scrivere, o quando, per un motivo qualsiasi, semplicemente non lo faccio.

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Ora iniziamo a parlare dell’ultimo album. Si chiama Negativity. Il titolo si riferisce a qualche particolare esperienza personale che avete vissuto recentemente?
IO: Dodici canzoni del valore di esperienze personali! È una vita difficile ma la musica la rende migliore.
JM: Il 2011 e il 2012 non furono grandi annate per me, personalmente. Ho immesso sicuramente una gran quantità di rabbia e frustrazione in quest’album. Ma adesso, nonostante tutto, sento di essere un tizio abbastanza felice. (Ride N.d.R.)  

In Mr. Sticks cantate “Vieni e vedi le orribili cose che la vita può portare”. Negativity riguarda questo? State cercando di mostrarci cosa si nasconde sotto la nostra felicità?
IO: Sembra che tu conosca parte di quella bruttezza, di quelle “orribili cose”, visto che hai percepito quel determinato sentimento.
JM: Quella canzone riguarda lo stress del quale si carica una famiglia quando il patriarca viene improvvisamente incarcerato. Credo che “orribili cose” sia usato abbastanza egoisticamente per descrivere delle semplici conseguenze.

Questo disco sembra essere molto più equilibrato rispetto all’ultimo. MI riferisco alla scelta dei suoni e alle strutture delle canzoni. È cambiato qualcosa nel vostro processo compositivo?
IO: Siamo in un posto, almeno io credo, dove noi vogliamo dimostrarci, mostrarci a noi stessi. Non dico metterci alla prova, ma qualcosa di simile.
JM: Siamo entrati nello studio con un’idea abbastanza chiara e delineata di ciò che avremmo voluto fare. Invece di registrare venticinque canzoni e tirare fuori da queste un disco, abbiamo registrato solo le dodici canzoni che sono attualmente nell’album.

Nella canzone The Rock cantate “I give the rock to only you” Cosa vuol dire? Di cosa parla la canzone?
JM: Vuol dire che io do a te il potere di porre fine alla nostra relazione, e vuol dire che io non porrei mai fine a una certa relazione.

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Invece cosa mi dite delle canzoni Goodbye, Dear Friend (da The Black Dirt Sessions N.d.R.) e Just Friends? Sembrano essere due canzoni che parlano di cose che vanno al di là di una semplice amicizia anche se in maniere differenti.
JM: Beh, Goodbye, Dear Friend riguarda la partecipazione al funerale di un amico. Just Friends riguarda invece l’incontrare casualmente una persona da te precedentemente amata, e accorgersi di essere ancora follemente innamorati di lei, di provare nonostante il tempo lo stesso sentimento.

In che rapporto siete con Vanessa Carlton? Perché avete scelto proprio lei come cantante per la canzone In Our Time?
JM: Vanessa è la mia ragazza. Visto che In Our Time riguarda i miei genitori ed è stata scritta dal loro punto di vista, ho pensato che mia madre avrebbe apprezzato che a cantarla fossimo proprio io e Vanessa, e così lei è stata contenta di partecipare.

E cosa mi dite riguardo a Deervana, il vostro progetto tributo ai Nirvana?
IO: Suoneremo solo in occasione dell’anniversario di In Utero, il 13 settembre 2013.
JM: Il prossimo show in tributo di In Utero sarà l’ultimo show per i Deervana. So di averlo detto già molte volte, ma questa credo che sia quella definitiva.

E invece, in ultimo cosa mi dite del tour che state per iniziare?
IO: Siamo davvero eccitati di partire in tour e di portare la nostra musica ad amici vecchi e nuovi. Per favore spronate il vostro Paese ad accettare la nostra musica e noi suoneremo. Non abbiamo mai visto l’Italia e non ci abbiamo mai suonato ovviamente, ma sarebbe fantastico.
JM: Il tour sarà divertente. Per ora abbiamo stiamo cercando di organizzare date in Nord America e in alcune location in Europa. Mi piacerebbe davvero suonare nell’Europa dell’est, in India, nel Medio Oriente, in Africa, e in Asia. Lo faremo, prima o poi. Australia, Nuova Zelanda e Giappone sembrano mete papabili per il 2014. Magari anche l’Italia, chissà!