Jonathan Wilson @ Auditorium Parco Della Musica [Roma, 12 aprile 2014]

Attitudine e Visual:
Un perfetto equilibrio tra dimensione acustica e visioni elettriche, una cura attenta per il flusso sonoro, una spiccata sensibilità melodica e una perizia tecnica levigata in maniera esclusiva da sonorità pure che incarnano percezioni d’altri tempi, fanno da contraltare ideale a quello spolverino dall’animo vintage indossato da Jonathan Wilson e alla sua figura affusolata che si muove lentamente sul palco della Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica. Uno scenario musicale lontano che si materializza e prende vita immerso nel calore delle infrastrutture ritmiche di stampo Seventies. Accompagnato dai suoi eccellenti musicisti (Jason Borger alle tastiere, Richard Gowen alla batteria, Omar Velasco alla chitarra e Dan Horne e al basso), Wilson concede poco spazio alle parole, lasciando ampia superficie all’intensità dei suoi brani eseguiti con classe ed eleganza, mentre gli strumenti si fondono pian piano all’intero apparato sonoro, creando orli immaginifici tra le lunghe code strumentali e gli assoli, e la sua voce, con una timbrica sghemba e penetrante, procede delicatamente calda.

Audio:
La tecnica inoppugnabile di Wilson, il suo stile pregiato ed elegante acquisisce maggiore forza e vigore anche grazie all’ottima resa audio della Sala Sinopoli che impreziosisce ogni singolo dettaglio e la qualità degli effetti sonori.
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Setlist:
C’è una gioco di brani molto intenso che alterna pezzi dell’ultimo Fanfare ad altri meno recenti pescando anche dall’album Gentle Spirit. Si apre con la maestosità di Fanfare per continuare con Illumination, Fazon, Angel, Desert Raven, Dear Friend, Magic, Future Vision, Rhapsody, Rolling Universe, New Mexico, Moses Pain e Valley Of The Silver Moon. Nel bis Wilson si lascia convincere dal suo pubblico nella scelta dei brani concedendo una energica Love To Love e The Way I Feel.

Momento migliore:
L’esteso viaggio utopico tra deserti e paesaggi americani è da vivere nella sua totalità assaporando tutti gli innumerevoli picchi emotivi carchi di luci e ombre, istanti caldi e attimi freddi.

Pubblico:
L’ interazione di Wilson col pubblico è presente, pur risultando timida e riservata. La sua musica riesce a colpire dritto al cuore, coinvolge e manda in estasi i presenti con tanto di applausi e ovazioni, mentre lui ringrazia ripetutamente e sul finale si lascia andare incarnando le sue sensazioni nella trasfigurazione del simbolo della pace con le mani rivolte al cielo.
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Locura:
NP

Conclusioni:
Un live di Jonathan Wilson è purezza cristallina, esercizio di stile che non è mai fine a se stesso perché capace di esprimere emozioni, di trasportarci all’interno di un mondo fuori dal tempo tra miraggi infiniti e spazi indefiniti.