Attitudine e visual
Davvero una scena particolare. A primo impatto è sembrato di essere al cospetto di uno di quei reading tanto in voga ai tempi della Beat Generation di San Francisco. La location è conosciuta – fino a una decina di anni fa è stata una delle discoteche più frequentate dai ragazzi e per l’occasione ha compiuto una operazione di maquillage. Spostandosi all’interno del locale è impossibile non venire pervasi da una certa atmosfera ciberpunk: chissà se Rich Robinson e Eric Martin l’avranno apprezzata. Indubbiamente il Planet ha dalla sua la sistemazione degli spazi, assolutamente ottimale, che ha permesso di godere da ogni punto del locale del concerto.
Audio
Se qualche perplessità può scaturire analizzando l’impatto visivo – non abbastanza caldo e raccolto per un evento del genere –, nessuna critica può esser mossa al comparto acustico. I due set a cura dell’ex Mr. Big Eric Martin, e di Rich Robinson, chitarrista e cofondatore dei Black Crowes, si fondono in un connubio chitarristico. Sarebbe stato interessante vedere il risultato di una eventuale condivisione del palco a metà concerto. Ci rimarrà la curiosità.
Pubblico
Se dal punto di vista numerico stiamo parlando davvero di un centinaio di persone, è stato davvero interessante cogliere l’attenzione che specie i più giovani hanno dedicato a Robinson dal punto di vista strumentale. L’ex chitarrista dei Black Crowes sembra concedersi nel finale, incuriosito dall’atmosfera, cimentandosi in qualche virtuosismo particolarmente gradito.
Locura
C’è stato un passaggio della serata davvero molto singolare. Rich Robinson ha avuto una carriera ricca in tutti i sensi, e è abituato a suonare per grandi platee. E quindi fa davvero un certo effetto vederlo in questa atmosfera da piccolo club. Lo stesso si può dire anche per Eric Martin dei Mr. Big. Eppure c’è stato un momento della serata in cui Eric Martin era sotto il palco con birra in mano ad incitare Robinson durante un assolo. Quei momenti in cui anche il rock delle stelle ritrova la genuinità delle sue radici.
Momento migliore
Senza ombra di dubbio quando Robinson si cimenta con alcuni classici della sua band. In particolare la conclusiva Josephine ha regalato forti emozioni. Una ballata rock classica che si trasforma in uno straniante blues dai ricami psichedelici. Non ci sono stati bis, ma forse questa chiusura è stato il migliore scivolo verso il ritorno a casa, nostro e di Robinson. Un trasognante viaggio venato di blu.
Conclusioni
L’intero concerto di Robinson è stato incentrato sul suo terzo disco solista, The Ceaseless Sight, scritto nelle pause dell’ultimo tour dei Black Crowes e registrato a Woodstock. Si tratta di un disco molto intimo, che il chitarrista ha deciso di presentare al pubblico in modo ancora più raccolto, quasi lo-fi. Pezzi come One The Road, I Remember e Trial and faith tirano fuori un’energia che nel disco non sembrava emergere a pieno. Su tutto la bravura tecnica e la vocalità calda di un grande chitarrista moderno. La capacità di partire dal rock per succhiarne le origini blues, elaborarne i suoni, e ritornare alla fine all’essenzialità delle radici sonore di un brano. Forse nella sua carriera al di fuori della band Robinson sembra avere trovato una dimensione creativa più forte e definita. E calza a pennello, tanto a lui, quanto a noi che con piacere lo abbiamo ascoltato.