Dave Matthews Band @Palalottomatica, Roma – 20.10.2015

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Attitudine e visual

L’aspettativa era davvero molto alta. La Dave Matthews Band rimane una di quelle celebri formazioni statunitensi che deve le proprie fortune alla dimensione live. Per questo oggi, ma anche per il futuro, merita una location adatta che valorizzi al massimo la performance. Indubbiamente il Palalottomatica non è il posto perfetto, dal punto di vista acustico, nonostante le innumerevoli migliorie che in questi anni sono state apportate. Però va detto che l’impatto scenico e la posizione del palco hanno permesso di godere, dal punto di vista visivo, a pieno del concerto sia dal parterre che dagli anelli.

Audio
La qualità del suono lascia più di qualche interrogativo, specialmente per quello che riguarda i passaggi acustici. Mentre più che discreta è la resa della batteria e del violino suonati da Carter Beauford e Boyd Tinsley. La voce di Dave Matthews al solito, possiede quell’inconfondibile timbro demoniaco capace di mascherare anche le difficoltà tecniche. Dave riesce a scavare nel profondo delle proprie ansie per esplodere vocalmente al di sopra degli strumenti stessi che la accompagnano. La band insieme suona come un unicum perfetto, l palco è la loro dimensione. Gli accordi si rincorrono come il fluire di un gioco d’acqua settecentesco.

Pubblico
Il pubblico non poteva certo definirsi delle grandi occasioni – colpa anche della concomitanza del match di Champions della Roma. Però è stato interessante vederne la composizione. C’erano molti stranieri, per lo più americani, e molte persone mature, che forse hanno iniziato a seguire quel timido barista del Virginia già dal finire degli anni ottanta. Dave Matthews, con quello sguardo stralunato da Forrest Gump, col suo incedere a metà tra un ex nerd e un posseduto, sembra insinuarsi tra le inquietudini di ognuno di noi. E si sa che le inquietudini non hanno età.

Locura
Tutto così sembra meravigliosamente normale. La garanzia di essere sorpresi dal non essere delusi. E a volte questa può sembrare una novità meravigliosa. Nessuna concessione a moine da rockstar o da personalità maledette del jazz. Eppure rimane un grandissimo cantante con doti da frontman sempre sorprendenti, degli strumentisti di livello eccelso, e un pubblico che è lì per ascoltare rock, quello vero, quello che ti fa sputare via le tossine di una quotidianità.

Momento migliore
Complicato individuare un solo momento in quasi tre ore di concerto potente. Sicuramente Ants Marching, con cui viene chiuso il concerto prima del bis, ha stupito la platea. Lì c’è tutta forza di questo gruppo, con un Dave Matthews ispirato che nel finale cede il passo alla sua band, esaltandola.

Conclusioni
Parliamo di una band che per prima nella storia della musica moderna, ha piazzato ben sei album al primo posto delle vendite. Eppure di “commerciale” il combo possiede assai poco. Mai uguale a se stessa, ed inesauribile fonte di creatività. E così le stesse hit più classiche come “Crash into me”, “Death on the high seas” e la bellissima “Don’t drink the water”, suonano ammalianti come al primo ascolto. Dave Matthews può permettersi di rivoluzionare la scaletta, i tempi e le stesse canzoni senza mai incidere negativamente sulla qualità dell’esibizione. Parliamo di veri rivoluzionari del rock, che predicano il loro verbo da oltre venti anni. E i rivoluzionari, nella musica come nella vita si ascoltano sempre con attenzione e piacere.