At the Drive-In – Vaya

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È trascorso poco meno di un anno dalla pubblicazione di “In/Casino/Out”, il secondo album degli At the Drive-In. Siamo nel Luglio del 1999. Gli Anni Duemila sono prossimi al fischio d’inizio. E il fischio d’inizio, come tristemente sappiamo, avrà il suono di un’esplosione che ammutolirà l’Occidente intero, con l’attentato al World Trade Center, il più eclatante fra gli attacchi agli Stati Uniti d’America che avranno luogo in quel maledetto 11 Settembre del 2001. Ma, come dicevamo prima, siamo nel Luglio del ’99, e c’è ancora modo, tempo, e spazio per raccontare una storia diversa. La storia ad esempio di cinque ragazzi di El Paso che si sono fatti, e che si stanno facendo, le ossa suonando in giro per il globo, rimbalzando fra America ed Europa, dormendo in alloggi di fortuna, con la schiena sul pavimento, pochi soldi in tasca, spesso spesi per la droga, e poi di nuovo in marcia. Su una carrozza chiamata At the Drive-In. È il 27 Luglio del 1999, ed esce “Vaya”, il quarto E.P della band, ed anche l’ultimo. Di certo il più riuscito.

Se esiste un capitolo, nella discografia degli ATDI, davvero in grado di prefigurare le magnifiche sorti che spetteranno all’acclamato “Relationship of Command” (pubblicato il 12 Settembre del 2000, un anno prima che le Torri Gemelle diventino Ground Zero) senza dubbio si tratta di “Vaya”. Sette tracce. Sette nuovi classici da aggiungere al repertorio. Nessun riempitivo stavolta. Sono le migliori canzoni che la band abbia composto fino a questo momento. Non manca molto al loro canto del cigno, e alla conseguente nascita, frutto della faida interna, di Sparta e The Mars Volta, ma i ragazzi appaiono in forma smagliante. Il sound è compatto, ben definito. Certe asperità, o meglio, certe sonorità grezze, filologiche, doverose per chiunque voglia raccogliere il testimone dei Fugazi, sono state smussate, ammorbidite. C’è più orchestrazione. Ci sono più tastiere, più tappeti armonici. C’è più melodia. E più ritornelli, pensate. Detto così, sembrerebbe quasi un disco pop.

E invece “Vaya” racchiude nel suo scrigno due fra i brani più aggressivi e/o dissonanti nella storia del gruppo: “300 Mhz” e “Metronome Arthritis”. Il primo è una versione riveduta e corretta, in positivo, dei segmenti più oscuri di “In/Casino/Out“, e ci riferiamo in particolare a “Shaking Hand Incision” e “A Devil Among The Tailors”. Il secondo rappresenta, invece, per la band texana, una vera e propria stella da appuntarsi sul petto. In termini compositivi. Un basso minaccioso. Il suono quasi stridente di un synth. Cedric che urla, che strepita, intonando(?) una sinistra nenia. Ed è solo l’inizio. Poi entra la chitarra di Omar, a fare da contrappunto cromatico alla melodia vocale, e a noi ascoltatori pare di sdraiarci su un letto di spilli. Sezione finale in crescendo emotivo, per un brano cupo che punta alla catarsi, dalla struttura bipartita. Antesignano per certi versi della “Invalid Litter Dept.” di “Relationship of Command”. Probabile punto di riferimento per la svolta post-hardcore dei Meganoidi nel loro E.P “And Then We Met Impero”, specie nel brano “We”.

Abbiamo accennato, nella recensione di “In/Casino/Out”, all’amore per i titoli di ambito astronomico. Una tradizione inaugurata nel primo E.P del gruppo, ovvero “Hell Paso”, con la traccia “Red Planet” (pianeta rosso, Marte, vi dice niente?). Qui la tradizione viene portata avanti da “Proxima Centauri” e da “Ursa Minor”. E se proprio vogliamo si concluderà nel disco successivo con “Cosmonaut”.
In “198d”, sono gli spettri della Guerra in Libano a turbare le note di questa delicata trama post-hardcore, sorella diretta della stupenda “Napoleon Solo”. Protagonista è il corpo senza vita della nonna del batterista Tony Hajjar, ritrovato in una fossa comune. C’è tanta morte, nella musica di questi ragazzi. E ci sarà anche dopo, quando le loro strade si divideranno, almeno fino al reunion tour del 2012, e fino alla reunion odierna, da cui Jim Ward si è chiamato fuori. Secondo la versione ufficiale.

C’è tanta morte, dicevamo, nella loro musica. Nomi e racconti che si ergono come lapidi di un cimitero, fra la lista delle canzoni registrate. Nomi come quello di Julio Venegas, l’artista la cui fine è immortalata in “Ebroglio”, da “Acrobatic Tenement”,  che sarà poi anche ispiratore di “De-Loused in the Comatorium” dei The Mars Volta. Come quelli di Sarah Reiser e Laura Beard, amiche di Cedric, alle quali è dedicata “Napoleon Solo”. Come “198d”, la targa che numerava la fossa in cui è stata rinvenuta la nonna di Tony Hajjar. Storie atroci come quella delle Maquiladoras, le fabbriche al confine fra Messico e Stati Uniti, teatro di sfruttamenti, e non-luogo da dove si sono perse le tracce di moltissime lavoratrici, risucchiate nel deserto intorno a Ciudad Juàrez, una delle città col più alto tasso di criminalità al mondo. Donne sbranate da loschi figuri, descritti come lupi sempre in agguato in “Invalid Litter Dept.”.

Ma c’è anche Jeremy Michael Ward, prima collaboratore occasionale della band, oltre che amico, poi fonico e ingegnere del suono in pianta stabile di The Mars Volta e De Facto. Morirà di overdose, non prima di aver consegnato ad Omar e Cedric uno strano diario trovato sul sedile di un autobus, che secondo la leggenda sarà poi la base per le liriche di “Frances The Mute”, il secondo album dei The Mars Volta.
E se la gioia è un colore, è un’inclinazione del cuore che non conosce dimora nell’universo post-hardcore, se non sotto forma di urlo liberatorio, comunque auto-critico, forse addirittura auto-distruttivo, non si può negare che questo disco, nei suoi venticinque minuti scarsi, riesca a sprigionare una vitalità, un’energia, raramente percepita all’interno del genere stesso. Malgrado la morte. Malgrado la falce. Malgrado il Duemila. E il canto del cigno. E le torri che cadranno giù: “Vaya”. Che vuol dire “caspita”, “accidenti”, “perbacco”. Che si usa anche con l’imperativo. E che a noi sembra più dire “Vai”, “Alzati”, “Muovi il culo”. Lo hanno fatto, gli At the Drive-In. E da allora, anche dividendosi, anche seguendo strade diverse, non si sono mai più fermati.