Dopo l’uscita dell’ottimo “Confessioni Di Un Povero Imbecille” abbiamo deciso di scambiare qualche battuta con la storica band Bolognese degli Avvoltoi. Nati nell’ormai lontano 1985, gli alfieri del Beat Italiano sono tornati quest’anno sugli scaffali dei negozi con un lavoro ci riporta al periodo d’oro della scena.
Quando si parla di Beat e Revival Beat, quali sono state a vostro parere le differenze sostanziali tra i due movimenti?
R- Il Beat è un fenomeno musicale e sociale che nasce nella seconda metà degli anni ’60 ed è un movimento figlio di quel periodo. In Italia è stato un punto di svolta, una vera e propria ribellione ad un paese culturalmente tradizionalista. Il giovane ha finalmente una collocazione nella società, anche in quella dei consumi, naturalmente. Noi iniziammo a riproporre, anche se non in maniera convenzionale, certe sonorità nella seconda metà degli anni ’80. Riscoprimmo certe tradizioni, non solo musicali, che erano rimaste “congelate” per una ventina di anni. Logicamente il Beat, inteso come forma musicale, si basa sull’ingenuità, sulla freschezza e sulla speranza, elementi che si erano perduti con il tempo, l’Italia (e non solo) nel frattempo si era incattivita, da quel punto di partenza genuino, scanzonato e a suo modo innocente sono partiti anni più difficili, più crudi, fino ad arrivare nei grigi anni ’80. Noi, in quel momento, avevamo bisogno di leggerezza e la nostra rivoluzione si era così ispirata a quella degli anni ’60. Poi naturalmente anche noi abbiamo proseguito il nostro discorso musicale fatto di crescita e di personalizzazione del suono, anche se dal vivo continuiamo a proporre brani del primo periodo. Tornando alla domanda penso che le differenze sostanziali fra il Beat e il Beat Revival siano legate al periodo storico, alla collocazione temporale di chi lo vive e chi lo ha vissuto, dei sogni veri e quelli artificiali, di chi era presente in un periodo che davvero si pensava di poter cambiare il mondo e di chi vive la stessa cosa ma con sogni già usati, mentre il filo conduttore è semplicemente la musica.
Abbiamo notato i numerosi cambi nella vostra formazione. Praticamente dai vostri esordi mi sembra di capire che solo Moreno (Spirogi) è il superstite della formazione originale. Quali motivazioni sono alla base di una mancanza di una line up stabile nel tempo?
R- Una questione di prospettive, dopo più di trent’anni di carriera, seppur con qualche pausa, sono scontati gli stravolgimenti, soprattutto se l’attività non riesce a dare da vivere finanziariamente. Di fatto la stabilità della formazione è stata minata principalmente proprio per questo motivo. Anche se sembra paradossale, questa è stata la forza del gruppo, penso che la continua crescita sia dovuta proprio a questo fattore.
L’Emilia in genere e Bologna in particolare, tra gli anni 80 e 90, ha visto la nascita di una serie di gruppi storici dell’Underground italiano, penso ai “Not Moving” (di Piacenza) dove ha militato il grande “Dome la Muerte” – in organico anche negli avvoltoi nel precedente vostro disco “Amalgama” –, penso agli “Sciacalli” (di Bologna anche loro come voi) capitanati dal mitico “Scanna” e ad altri gruppi come i CCCP, “Giardini di Mirò”, e i “Gaznevada”. Quale è stato secondo voi il collante che si è venuto a creare dalle vostre parti per dare vita a quella stupenda scena, e soprattutto eravate coscienti che stavate scrivendo la storia dell’underground italiano?
R- Partirei dalla seconda metà degli anni ’70 quando a Bologna nascevano gruppi del calibro di Skiantos, Windopen e Gaznevada. A mio avviso siamo tutti un po’ figli di quel periodo, era una scena autoctona e piena di creatività che, di fatto, ha dato il via a quello che sarebbe successo poco dopo. In quel periodo c’era una visione completamente diversa da quella che conosciamo ora, si percepiva fortemente la sete di inventiva e quella propositiva, nessun muro davanti. Non si viveva di esasperazione o strade ben definite, spesso era un gioco, o meglio, una favola dove tutti eravamo protagonisti, c’era molta curiosità e meno invidia, più collaborazione e meno trappole. Certo, tutto il fermento e l’interesse che ci girava intorno faceva percepire che qualcosa di importante stavamo vivendo sia da attori che da comparse.
Ritengo “Amalgama” un disco molto più cattivo dei precedenti, rispetto al beat puro degli esordi, mi sembra che siate passati ad un garage molto spinto. Quanto ha dipeso al riguardo l’ingresso in formazione di “Doma la Muerte” il cui background (“Not Moving”, “Cheetah Chrome”) è sicuramente più vicino a soluzioni punk / hardcore, punk / acid rock?
R – “Amagama” è stato uno dei tanti capitoli del gruppo, avere Dome anche solo per quel progetto ha fatto si che il suono si sposasse al suo inconfondibile stile. La cosa buffa è stata senz’altro il fatto che quando entrò Dome noi volevamo ottenere suoni più hard, tardo ’60, primi ’70, mentre lui era più orientato a acquisire sonorità più legate al garage beat. Beh, il risultato è stato soddisfacente per tutti.
Gli Avvoltoi hanno, in ogni disco, ridefinito spesso il sound, il beat degli esordi lascia spazio a un disco più sognante ed eterogeneo come “Quando verrà il giorno” del 1990. Negli anni ’90 il suono si è spesso indurito, cercando soluzioni più personali e questo è successo anche negli anni a seguire, vedi appunto in “Amagama”, ma anche in “Manifesto Pop” e soprattutto l’ultimo “Confessioni di un povero imbecille”.
L’ultimo Vostro disco addolcisce le soluzioni un po’ più hard del precedente, ma acquista più in melodia. In alcuni punti (vedi la bellissima “Sono libero”), risultate inclini a soluzioni melodiche quasi “battistiane”. A riguardo vedo molte somiglianze tra “Sono libero” e lo spirito melodico di “Il nostro caro Angelo” di “Battisti”. Cosa ne pensate?
R – Senza dubbio, il tuo, lo prendo come un complimento. “Confessioni di un povero imbecille” è un concept basato su un romanzo uscito nel 2001 di Gianluca Morozzi. Per noi è stata una grande sfida, ma soprattutto abbiamo usato un metodo di lavoro diverso dal solito. Questa volta abbiamo dovuto operare principalmente sul clima, senza pensare prioritariamente al genere musicale, dovevamo rielaborare una forma artistica, ovvero musicare un romanzo, cucirgli addosso un nuovo abito. Era da un po’ di tempo che giravamo intorno a questo progetto senza mai chiederci da dove partire. Le canzoni sono arrivate rapidamente, una dietro l’altra. I testi hanno un percorso filologico nella prima parte, mentre nella seconda si unisce l’esperienza romanzo con la nostra che in fin dei conti abbiamo vissuto in prima persona.
Ho conosciuto “Scanna” a cui facemmo da spalla con un mio vecchio gruppo (i “Gradassi”) in un concerto svolto a Latina negli anni 90. Personaggio incredibile. Aveva una strumentazione “Vintage” completa, un suono davvero abrasivo. Parlammo della scena di Bologna e della presunta rivalità con voi. In realtà mi disse che eravate molto amici, (se non erro alcuni vostri dischi uscirono per la loro “Destination X”) cosa sai dirmi al riguardo del rapporto con gli Sciacalli e con Scanna in particolare?
R- Ahahah! Manco fosse l’eterna rivalità Beatles vs Stones! Si sta parlando di due diversi periodi. Quando ho conosciuto Scanna, gli Avvoltoi esistevano già da un po’ mentre lui aveva altri tipi di progetti. Negli anni ’90, quando formò gli Sciacalli, peraltro con 2 ex Avvoltoi (Ninfa e Claudio) avevamo già strade differenti ma ci frequentavamo spesso, proprio in quel periodo produsse due singoli e un album degli Avvoltoi. Con Scanna ora ci si vede meno, spesso le strade si allontanano per scelte di vita.
Cosa vi motiva ancora oggi a continuare a fare musica visto il crollo delle vendite d settore e soprattutto con una proposta musicale così di nicchia?
R- Il motivo è la passione. Perché la musica non può essere solo consenso e numeri. Perché suonare mette ancora i brividi, perché la musica è utopia, in fin dei conti libertà. Perché necessariamente non ha i ritmi serrati imposti dalla nuova era, perché parli con la gente e qualcuno fai anche stare bene. E’ condivisione e calore. Stare su quel palco è una cura e spesso non vorresti mai scendere.
Vi ho visti dal vivo al “Sinister Noise” qualche anno fa (quasi sold out), ed oltre a qualche capello bianco e una presenza di tardi 40’enni (come il sottoscritto), ho notato molti giovani al vostro concerto, credete che la vostra proposta musicale possa ancora attrarre un pubblico giovanile?
R- La musica non può avere tempo, semmai l’interesse per i giovani è mutato, il valore della musica per loro è passato in secondo piano, non è più una priorità come lo era per noi. Per fortuna non per tutti. Questo discorso necessiterebbe di un capitolo assestante.
Ritengo il vostro ultimo disco una delle migliori produzioni italiane (e non solo) uscite in questo 2016 che programmi avete per il futuro?
R- Ti devo dare la solita risposta di una band che ha appena licenziato un nuovo album: promuovere il disco e fare molte date. Effettivamente abbiamo un buon cartellone di date e non nascondo che abbiamo già voglia di fare un nuovo disco.
Cosa pensate dell’attuale scena rock indipendente italiana? Avete dei gruppi in particolare ai quali siete legati?
R- Anche in questo caso ci sarebbe da fare un’analisi piuttosto lunga. Diciamo che ci sono molti gruppi potenzialmente validi ma che hanno un livello d’espressione poco propositivo o forzatamente sperimentale, poi capisco anche che questo è un periodo artisticamente caotico, veloce e senza il gusto genuino e appassionato della scoperta, viviamo nell’epoca del “tutto e subito” e della superficialità, delle troppe informazioni e del sapere un po’ tutto ma male. Siamo legati a tantissime bands o artisti in generale che magari fanno parte anche del nostro quotidiano, alcuni conosciuti solo recentemente ed altri cresciuti praticamente insieme a noi. Ma non mi far fare nomi, sono troppi. Poi se dimentico qualcuno sicuramente si offende… Con molti esiste anche collaborazione artistica e magari in futuro potrebbe arrivare qualche sorpresa.
Qui la recensione dell’ultimo album degli Avvoltoi “Confessioni Di Un Povero Imbecille”
Info:
https://www.facebook.com/gliavvoltoi
http://www.godownrecords.com