The Devils + Junkyard Cowboy @Sidro Club, 25-03-2017

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Una serata per chitarra e batteria quella andata in scena sabato 25 Marzo al Sidro Club di Savignano sul Rubicone. Un’essenzialità che riconcilia con certa attitudine Punk Blues, ma che trova nella sensualità degli interpreti il carburante indispensabile per lo show. Sul palco, sempre un uomo (chitarra) e una donna (batteria); ma differenti saranno le soluzioni nell’ottica di uno spettacolo – riuscitissimo – dall’impatto viscerale.

Per l’estetica musicale a cui il locale savignanese ci ha abituato nel tempo, la situazione perfetta. Birra, mise anticonformiste e avvertenze falliche a fondo palco – nient’altro che uno striscione in cui la suora si lamenta delle percosse ricevute dal prete –, ma alle goliardate dei mitici The Devils ci arriveremo per gradi.

Prima, tocca ai Junkyard Cowboy. Alessandro e Maria, sesso e Blues, ma non solo. La storia è interessante: lui s’innamora della costruzione di cigar box guitar (chitarre fai da te, con tre corde, che usano appunto come corpo una scatola di sigari) e diddley bow (la variante a una corda), e come accade con tutte le cose ben riuscite, decide di volerle testare con brani propri. Lei invece è una batterista giocosamente implacabile: parrucca bionda con le trecce e piedi nudi – come quelli (appartenenti alla fidanzata di Alessandro) posti in copertina del loro “Fetish Blues” Ep. Parliamo dunque di un Punk Blues sporchissimo e viziosissimo, implementato appunto dall’utilizzo di strumenti do it yourself, e dalla carica genuina del duo. Da vedere.

Ora facciamo però un passo indietro, anche due. Riavvolgiamo il nastro fino al nostro arrivo nel locale. Le band sono ancora nei camerini: i diavoli riposano dopo il lungo viaggio – ovvero fanno una di queste cose a scelta: sesso, una seduta spiritica, evocano Satana.  E’ proprio qui che ci rendiamo conto di quanto, con ansia, il pubblico e gli addetti ai lavori stiano aspettando il momento della comunione. Ai profani del: “non conosco bene questi The Devils, ma sono così bravi come si dice?“, arrivano come penitenza quattro Ave Maria, due Padre Nostro (da recitare al contrario) e un biglietto di sola andata per l’inferno Garage-Rock: che poi Lello (Go Down Records) s’incazza e sono affari vostri (questa è per pochi).

Arrivato il turno della band Campana, il pubblico è ancora assiepato all’esterno del Sidro. Loro li colgono alle spalle e salgono sulla pedana d’ingresso del locale benedicendo la folla: lui ricorda il Jude Law di The Young Pope, lei una splendida suora (torturatrice) dagli occhioni languidi. Tempo di una fugace preghiera da palco e lo spettacolo comincia. Noi, che li avevamo già visti qualche tempo fa, in occasione della data svolta al Bronson – quindi sapevamo benissimo cosa ci stesse aspettando –, ci ritroviamo fra capo e collo uno spettacolo dinamitardo capace di stupirci nuovamente. Bastano solo due pezzi per riconoscere, nel brusio creatosi fra i partecipanti, quelle tipiche frasi di folklore Romagnolo (che non mi prenderò la briga di riproporre in dialetto), proprie del nostro stupore regionale, roba tipo: “Ma chi li ferma questi” / “Quanto è figa quella, però mena come un fabbro, c’è da stare in occhio“.

Altri due pezzi e ci ritroviamo omaggiati (grazie Gianni, a buon rendere) di una croce rovesciata dorata – che redime tutte le buone azioni –, proprio mentre il padre si avvia a conquistare il bancone del bar; ci sale brandendo la sua spara-benedizioni elettrica per la gioia di tutti coloro che pensavano di sfuggirgli rimanendo dall’altro lato della barricata. Non sia mai.

Poi c’è Erica, la suora dietro le pelli, questa sera in forma smagliante. In seguito, parlando con un amico – di quelli che hanno visto dieci volte i tuoi concerti, ma rimangono pacati nell’analisi e curiosi come se fosse il primo –, emergerà una discussione in merito alla sua duttilità esecutiva. Lei ambivalente, tocco femminile e grinta maschile: alla faccia delle discriminazioni sessuali fra batteristi, e la serata in questo senso ha messo decisamente le cose in chiaro.

Il loro esordio su Voodoo RhythmSin, You Sinners!” è di quelli che ci rendono orgogliosi delle nostre formazioni sotto etichette estere, e se non vi bastasse l’ascolto dell’album per convincervi (e in genere basta) vi assicuriamo che assistere ad un loro concerto vi darà assuefazione: un po’ come quelli che escono dalla messa dopo aver preso l’ostia, sicuri di aver incrementato mondato i propri peccati.