Democrazia #8 – Elizabeth – Sfanto – Explain

2 Novembre, festa dei defunti: ricordiamo insieme i nostri caduti del mercato discografico. R.I.P.

Per la festa dei defunti del 2 novembre voglio ricordare tutte le band e gli artisti trapassati o in stato comatoso, quegli zombie discografici che senza un vero perchè ricicciano fuori, o magari quelli che ancora attivi ma che passano inosservati (quindi sostanzialmente morti dal punto di vista promozionale). Quelli che stavano per farcela; quelli che hanno fatto Sanremo; quelli che avevano i passaggi nel pomeriggio di Videomusic negli anni ‘90; quelli su Brand:New alle 3 di notte; quelli che ci hanno scassato 3 mesi consecutivi su tutte le webzine e poi hanno venduto 1000 copie; quelli che si sono riciclati.  Tutte vittime di questa terribile guerra chiamata mercato discografico italiano. Alcuni se lo sono meritato, altri no, e a questi ultimi va il mio “in loving memory”.
Scisma, Pecksniff, Elettrojoyce, Roberto Angelini, Musetta, Matteo Bassi, Soerba, Ustmamo, Punch&Judy, Super B, En Roco, Alessandro Graziano, Daniele Nova, 3000 Bruchi, Megahertz, Grandi Animali Marini, Super Elastic Bubble Plastic, Plastico, Pier Cortese, Naftalina,  Cerchi nel Grano, Ridillo, Tarick1, Francesco C, SenzaBenza, Uscita 17, Gazosa, Babalot, La Differenza, Estra, Le Mani, Blown Paper Bags, Concido, Equ, La Sintesi, Grimoon, Daniele Groff, La Pina, Irene LaMedica, Vanessa Van Basten, Mau Mau, Brusco, Bachi da Pietra, Carlotta, Methel&Lord, Snaporaz, Moses, Micecars, Dopolavoro Ferroviario, Yo Yo Mundi Assalti Frontali, La Crus, Offside, Uncode Duello, Egokid, Andrea Ra, Giuliodorme, The Styles, Io Carlo, Artemoltobuffa, Ritmo Tribale, Valentina Giovagnini, Mambassa, Scanferlato, Bisca, Egle Sommacal, Blindosbarra, Kech, Ameba 4, Artemoltobuffa, Poppy’s Portrait, Franklin Delano, Deasonika, The Banshee, Pquadro, Wolfango, Nidi D’Arac, (P)Itch, Disciplinatha, Cinemavolta, News for Lulu, Moltheni, Fare Soldi, 24 Grana, Quintorigo, Jetlag, Melody Fall, Pink Rays, Punto G Blu, La Scelta, Violetta Beauregarde, Giò di Tonno, Silvia Salemi, Sottotono, Percentonetto, Silverman, Valentina Dorme, Studio Davoli, R.U.N.I., Negazione, GoodMorningBoy, Northpole, Federico Stragà, Bartok.


Partiamo con gli Elizabeth, emiliani, pubblicano per la Mescal (rediviva?) l’album di debutto, dal titolo Ruggine. E’ evidente che ci tengono a sottolineare il fatto di essere così poco italiani come Stanis LaRochelle ci insegna: in copertina e sulle magliette che indossano troviamo il bullseye dei mod, hanno la epiphone supernova con la union jack, la doppia cassa (mistero sull’effettivo utilizzo) con il logo degli Who e suonano sputati a Daniele Groff e i Velvet – e bastano questi due nomi per capire che l’impresa sia alquanto azzardata – quindi suonano nel modo classico in cui gli italiani si immaginano il brit pop o meglio, lo equivocano. A livello compositivo il disco non presenta nessuna buona idea che non sia già stata proposta svariate volte da svariati gruppi di smarmellato pop italiano finiti giù per il cesso (forse solo Opportunità che ha qualcosa di baustelliano è un pelo migliore) e la sensazione sgradevole è quella di sapere  dove andranno a parare i vari pezzi già dalle prime note dell’intro, la forma canzone è rispettata in maniera ossessiva ed i testi non hanno spunti degni di nota, limitandosi a trattare gli argomenti in modo generico e pieno di clichè, al limite del didascalico. All’ascolto la sensazione è di pura noia. Unico momento di sobbalzo è alla traccia 10, la storia di una ragazza che piange davanti allo specchio: ha preso una pillola di Norlevo (titolo del brano) la pillola del giorno dopo. Ed io mi immagino la disperazione della povera ragazza di fronte a questa ingiusta ecatombe di spermatozoi. Che vita di merda.

Sfanto invece è un genio totale. Primo demo di sempre che mi giunge dalla Sardegna, terra che di solito produce porceddu, filuferru e discoteche per cafoni arricchiti ed aspiranti cafoni arricchiti. Un pò Pavement e un pò Elliott Smith nel primo brano Little daily inconveniences, nel secondo Waiting for the dawn (e più in là anche in Gray Day) già prende una virata più sixties alla Mamas & Papas, Marco Testoni è un pò figlio dei fiori ma anche un pò FM rock anni ’90 (come in Monster Pride) e sa scrivere canzoni che ti mettono di buon umore, disimpegnate ma non scontate, leggere ma non idiote: la produzione è attenta e piena di particolari, l’ascolto è un piacere e ci si scopre ad ascoltare suoni ed effetti sempre nuovi ma sempre azzeccati e non invasivi. Considerando che si presenta come un one man band dichiarando di aver suonato quasi tutti  gli strumenti, il pregio migliore di Sfanto è sicuramente l’abilità con cui sa arrangiare i brani (comunicato per gli aspiranti cantautori italiani ma anglofoni: da questo cristiano c’è molto da imparare, ascoltate lui e non quei noiosi conformisti degli Young Wrists), oltre ad una voce felpata che ti carezza le recchie che è un piacere e che calza benissimo con il genere (molto buona anche l’interpretazione, la migliore si trova su My Reward). Da tenere d’occhio.

Ultimi del girone sono gli Explain di Milano. Orecchio appizzato, già al primo pezzo mi mettono su una bella nostalgia anni ’90, Baciare i guai è un brano radiofonico e con la giusta vena di tristezza che può far sì che il pezzo possa comunicare qualcosa all’ascoltatore, davvero ottimo inizio. Anche in questo caso bazzichiamo dalle parti di Oasis, Embrace e compagnia bella, purtroppo  già dal primo brano si sente che, a dispetto della bella copertina brossurata, la produzione a livello sonoro è molto carente: il disco non pompa mai nel sound, la registrazione risulta piatta nei pezzi più duri (brutti i suoni delle chitarre distorte in La Stanza) e questo va a discapito della band, ed è un vero peccato, fino adesso i pezzi sono buoni ma il sound è da pivelli. Va meglio invece per i suoni acustici dell’intro di Sedie Scricchiolanti, altro buon brano, il migliore per scrittura ed arragiamento. Vanità Mostrata invece non è un grande pezzo, come composizione risulta un pò vecchiotto e banale e non va meglio con l’ultimo brano del cd. A questo punto le vocali aperte ed alitate del cantante hanno iniziato a darmi fastidio e sono una cosa da evitare assolutamente dalla prossima registrazione fino all’eternità. In definitiva mi viene da considerarlo un lavoro prematuro: la basi ci sono, il prossimo andrà sicuramente meglio.