Attitudine e Visual: È un’atmosfera intima e raccolta quella che avvolge il Lanificio 159 e il suo pubblico durante la performance di Matt Elliott, cantautore di Bristol anche alle prese con le derive elettroniche dei The Third Eye Foundation e ora in tour in Italia per la presentazione del suo nuovo album da solista, The Broken Man. Matt Elliott è solo sul palco, circondato da luci blu e da un tripudio di sonorità acustiche ed elettriche al contempo. Muove le “pedine immaginarie” della sua loop station, lambisce le corde della sua chitarra, restituendo ritmiche dal sapore lontano, contaminazioni folk a tratti oscure che si spingono verso i confini della musica classica e tradizionale europea tutta. La sua voce è in grado di disegnare tavolozze melodiche struggenti, tra sussurri e gemiti, e di creare solchi indelebili nell’animo dei presenti, mentre echeggiano altri suoni “presenti/assenti” e nel silenzio le note scorrono fluide e toccanti intarsiate da innumerevoli effetti.
Audio: L’impianto acustico non risente di alcuna sbavatura e ogni sonorità sprigionata, sia vocale che strumentale, è ben percepibile.
Setlist: L’inizio è affidato alla poesia di Dust Flesh and Bone. Elliot poi mescola le carte, volgendo lo sguardo sia al passato che al presente con Something about ghosts; I name this ship The Tragedy, bless her & all who sail with he; The Howling Song; The pain that’s yet to come. Non mancano le cover: dall’inno anarchico scritto da Belgrado Pedrini, Il Galeone, passando per I put a spell on you di Screamin’ Jay Hawkins (brano noto anche per le interpretazioni dei Creendence Clearwater Revival e Nina Simone) e Misirlou, pezzo di Dick Dale e conosciuto per essere la colonna sonora di Pulp Fiction. Il bis è infine d’obbligo.
Pubblico: Eterogeneo, totalmente immerso nell’ascolto e in un vortice di silenzio e coinvolgimento generale.
Locura: Un concerto di questo tipo e con un pubblico così attento non può avere momenti di locura.
Momento migliore: La magia silenziosa di tutto il live.
Conclusioni: Matt Elliott è lo straordinario protagonista di un folle spleen musicale, eroe malinconico di un live sorretto da toccanti manipolazioni sonore in grado di sprofondare in una sorta di vuoto intimista, in una quiete ombrosa e scarna che travolge come tempesta.