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24 Febbraio 2017 | Woodworm | angelabaraldi.it | ![]() |
Angela è fin da piccola ammaliata dal palcoscenico – “che bel lavoro fanno quelli, ballano e cantano e li pagano pure!” Pensa la sua giovane mente. Lo scarto arriva però qualche tempo dopo nel buio della sua cameretta; cuffie nelle orecchie e sul piatto le prelibatezze catturate dai fratelli in giro per il mondo. Progressive e Psichedelia, Pink Floyd e Genesis: tanta roba per una piccoletta – forse è proprio così che si alimenta la fantasia “creativa”. Un passaggio che ne segnerà le velleità future, il proverbiale: cosa vuoi fare da grande?
Lei lo sa benissimo. E la risposta non è univoca. Esprimersi si, ma in più direzioni, cercando di muoversi bene fra i contesti per sfuggire alla regola del: tantissime cose, fatte in maniera mediocre. A lei non capiterà mai. E siccome la fortuna aiuta gli audaci, a metà anni ottanta incontra Lucio Dalla col quale collabora in veste di corista fino al ’90. Poi il primo disco (“Viva“) e Sanremo Giovani – con il brano “A Piedi Nudi” tratto dal suo secondo lavoro “Mi Vuoi Bene O No?“–, dove si aggiudica il premio della critica proprio l’anno in cui vince la Pausini degli “Strani Amori“.
Qui il primo snodo.
Giacomo Campiotti è il regista che si occupa dei videoclip della nostra. Mentre gira, nota ripetutamente un’insolita dimestichezza che Angela manifesta nei confronti dello stare davanti alla cinepresa. Cose che o ce le hai, o vai a scuola di recitazione sperando di diventare un attore di terza fascia. Così la mette in pista e già nel ’94 finisce nella pellicola “Come Due Coccodrilli“ di Giancarlo Giannini. Bissando nel 1995 in “Jack Frusciante è Uscito Dal Gruppo” di Enza Negroni dove interpreta Caterina.
Qui il secondo snodo.
Il Teatro. Dapprima con “I Monologhi Della Vagina” di Eve Ensler, proseguendo con il Lucarelli di “Maigret e il Delitto a Teatro“. Un periodo d’oro che la porta ad interpretare Giorgia, la protagonista di Quo Vadis, Baby? per la regia di Gabriele Salvatores. E la musica? Bhe, se “Baraldi Lubrificanti” segna un passo in avanti, particolareggiando in maniera sempre maggiore le tematiche trattate, e aumentando il livello introspettivo dei testi, il seguente “Rossosporco” cesella ulteriormente le dinamiche Pop, mentre l’album omonimo del 2003 rielabora vecchi brani aggiungendone quattro inediti prodotti da Guido Elmi.
Qui il terzo snodo.
Il nuovo decennio porta con sé una ventata Post-Punk. Passaggio fondamentale per comprendere l’odierna opera dell’artista. Collabora infatti con con i Julie’s Haircut, accompagnandoli in una serie di concerti-tributo a Lou Reed; ma è con Giorgio Canali e Steve Dal Col (CCCP, CSI,..) che mette in scena la prima di due delle più riuscite opere di rivisitazione di genere mediante una serie di concerti tributo ai Joy Division. Ripetendosi nel 2011 con “SOLO UNA TERAPIA – dai CCCP all’estinzione” – qui in compagnia di Massimo Zamboni.
Questi approfondimenti riportano Angela verso quella dimensione talvolta descrittiva del Teatro. Infatti con “The Wedding Singers” porta in scena la rappresentazione delle vite di nove grandi vocalist del passato ormai scomparse. Da Nico (la preferita) passando per Janis Joplin, Karen Carpenter, Laura Nyro, Nina Simone, Dusty Springfield, Nicolette Larson, Judee Sill e Sandy Danny.
Oggi, con sette dischi alle spalle, accogliamo il nuovo “Tornano Sempre” con la gioia e la consapevolezza di essere al cospetto di un’artista mutata e cresciuta nel tempo, i cui lineamenti artistici assomigliano tanto a quelli di una Patti Smith (de noartri). Il disco nasce dal connubio (ancora una volta) con Giorgio Canali – in veste di produttore e chitarrista/bassista –, e dalle lunghe improvvisazioni da parte dei componenti: oltre a Canali anche Vittoria Burattini (Batteria) e Stewie DalCol (Tastiera, chitarra, basso). Come potrete immaginare, un connubio capace di aumentare notevolmente il tasso d’abrasività della proposta.
Non tanto con la malinconica “Michimaus” – legata a doppio filo con il passaggio del tempo e dell’età –, quanto con la seguente “Josephine” possiamo saggiare di cosa sia capace questo combo. Chitarre Rockabilly (ricordate l’opera di Billy Zoom con gli X di Ecene Cervenka?) e tremolo psichedelico sullo sfondo – tanto Garage-Rock quanto Psichedelico –, per un pezzo incendiario. “Uomouovo” è una critica neanche troppo velata all’indifferenza che spesso ci pervade (“Sparami mille volte è bellissimo non morire, sono il vuoto nella canna del fucile“) nei confronti della nostra mancanza d’identità: “E’ bellissimo non esserci“, magari lasciando il palco, la fatica decisionale al prossimo – così compromettendo anche noi stessi.
La fragilità umana impressa negli occhi delle icone cinematografiche, magari decadute, permea tutta “Hollywood Babilonia“. Un spaccato che vede Superman di cellulosa interrogarsi sulla caducità della vita (“Vita bugiarda, sei tu che guardi il vuoto o è il vuoto che ti guarda?“), sulla falsità di certa iconografia a stelle strisce; esempio di una civiltà in perenne declino (“Che lo Zio Tom fosse un vero coglione Peter Pan se ne accorse soltanto finito il copione“), che viaggia ai mille fino allo sfascio, fino a quell’inverno in cui inevitabilmente Peter Pan dovrà bucarsi le vene.
Pesta duro la Baraldi, non senza regalarci attimi di spensieratezza controllata e disillusa (“Sono felice perché so che presto tutto quanto scoppierà“) – da “Sono Felice“. C’è un bisogno d’evasione dal quotidiano e diniego nei confronti dell’esistenza moderna che ritorna costantemente durante tutto l’album. Accade anche nel viaggio onirico di “Chiudimi Gli Occhi“, il cui fulcro gira attorno alla disumanizzazione tecnologia in rapporto al bisogno reale di contatto umano (“Chiudimi gli occhi perché non vedo più gli alberi“). Anche il mondo dell’intrattenimento finisce nel mirino dell’artista Bolognese. “1000 Poeti” sparge benzina sui cadaveri che popolano “L’occhio elettrico“, affidandosi ad un andamento felpato e una domanda: “Chissà se quando il vento tornerà, saranno ancora polvere di stelle o saranno solo polveri sottili che ci rovinano la pelle“. Loro si, intenti nel descrivere l’amore (edulcorato), fallendo miseramente.
Un centro pieno per Angela Baraldi.




