Martingala – Ilenia Volpe @Defrag (RM) 10/02/17

martingala volpe rocklab 2017

Notte romana, dalle parti del Tufello. Un locale, il Defrag. Due nomi sulla locandina: Martingala e Ilenia Volpe. Due stili tanto diversi quanto simili nell’esigenza di ri-esplorare il passato. Un passato che per i Martingala può affacciarsi come un barbuto ragazzo hippie da una finestra degli anni ’70. E che invece per Ilenia Volpe può somigliare a qualcosa di molto simile al punk, e al grunge. E diciamo molto per dire molto. Serata strana, davvero. I Martingala in apertura a Ilenia Volpe. Due realtà musicali, entrambe romane, insieme per un viaggio nel tempo, attraverso le decadi del rock. Coi Martingala dai ’60 ai ’70. Con Ilenia Volpe da fine ’70 a metà ’90. Una vera sfacchinata.

Il tutto nella cornice curiosa del Defrag, un locale che sembra sorto dalla costola di un complesso scolastico. Facile che un tempo i camerini fossero aule. E pure i bagni, come quelli del liceo. Quelli con le scritte tipo: “Mimmo sei una merda!”. Oppure “La matematica non sarà mai il mio mestiere”. Tuffi dritti al cuore. Anche se la scritta più consona, data la presenza di Ilenia Volpe, sarebbe in questo caso “La mia professoressa d’italiano era una grandissima stronza”. Che bello, comunque, entrare in un locale e avere la sensazione di essere tornato indietro nel tempo, agli anni del liceo. Ma certo, l’ultimo giorno di autogestione. Vai al Defrag, insomma, e ti ritrovi fra gli spettri dei concerti scolastici. Momenti di realismo magico. Meglio, di “Realismo Magico Mediterraneo”, direbbero i Martingala.

Quattro ragazzi con la chitarra (due per la precisione, più un basso e una batteria), ma senza pianoforte sulla spalla. A farne le veci un piccolo synth, suonato in alcuni frangenti dal cantante Davide Rinaldi (anche autore dei testi). Lo stile della band, che abbiamo avuto modo di gustare proprio grazie all’esordio “Realismo Magico Mediterraneo”, ha tratto solo parziale giovamento dall’acustica del locale. Per usare un eufemismo. E così quei timbri di chitarra, quelle melodie così nitide, e quegli arrangiamenti particolareggiati si sono un po’ persi. Ma non si è persa la sostanza delle melodie beatlesiane, di certe ritmiche garage, o di certi fumi psichedelici dei Pink Floyd prima maniera. Tanto per capirci, quelli di “The Piper At The Gates Of Dawn”. Per capirci ancora meglio, quelli con Syd Barrett. Non a caso coverizzati dalla band romana sul disco (“Astronomy Domine”).

Un concerto, questo, in cui i Martingala si sono saputi destreggiare nonostante i suoni in uscita non fossero granché limpidi, offrendo al pubblico, esiguo ma interessato, un repertorio che merita un secondo, e anche un terzo ascolto. Al termine della performance c’è stata la proiezione del nuovo videoclip “Il pezzo francese” (fra le perle rétro dell’album). A seguire Ilenia Volpe, una scheggia impazzita di cui si può dire di tutto, giocando a fare i paragoni (Gianna Nannini più Loredana Bertè più Kurt Cobain più Patti Smith più dio solo lo sa), ma senza mai centrare il punto. La vera questione. Quella della sua energia. Che è indescrivibile.

Più che un concerto, il suo è stato un happening. Dapprima abbiamo avuto modo di assistere all’esecuzione di brani potenti, in cui la furia del punk e del grunge incontrano il cantautorato italiano di penultima generazione (pezzi come “Maledetta Bellezza” o “Porcelli d’Italia”). Poi gli schemi sono saltati. Da quando sul palco si è consumata una dissacrante versione alla Sid Vicious di “Felicità” di Al Bano e Romina Power, quasi non si è più capita la differenza fra pubblico e musicisti. Gente che saliva sul palco a cantare cover dei Nirvana. Imitazioni di questo o di quel cantante (uno spasso Patty Pravo e Thom Yorke). Più un lunghissimo monologo musicato sui ricordi dei giorni, feroci, della scuola e dei professori (di una in particolare). Così fino alle due del mattino. Sembrava di essere tornati sul serio ai tempi delle autogestioni, delle tentate occupazioni. E delle meglio notti romane.