Pj Harvey @ Ferrara sotto le stelle, 06/07/2011

Attitudine e Visual: una sistemazione del palco particolare: Polly, di bianco vestita, con le piume in testa e  spesso con il suo nuovo giocattolo tra le mani (l’autoharp), tutta da una parte. I suoi tre musicisti di supporto (e nemmeno gli ultimi arrivati per la verità: John Parish, Mick Harvey e Jean-Marc Butty) dall’altra. Poche parole tra un pezzo e l’altro, anzi, per la verità nemmeno un “Thank you” d’ordinanza se si eccettuano i ringraziamenti a fine concerto.

Setlist: una scaletta completamente imperniata sull’ultimo bellissimo “Let England shake”. La decisione fa sì che nell’ora e mezza di concerto tutti i brani del recente disco vengano eseguiti. Le vecchie canzoni, pescate qua e là un po’ da tutti i lavori precedenti (tranne “Dry” e i due con Parish), trovano poco spazio e subiscono un rimaneggiamento a livello di arrangiamenti che in alcuni casi ne esalta la qualità (Angelene, Big exit), in alcuni casi ne lascia inalterato il valore (Down by the water, C’mon Billy), in altri casi, seppure eseguiti bene non spiccano come dovrebbero (The sky lit up, The devil). Senza dimenticare un paio di piccole sorprese: Pocket knife da “Uh huh her” e The big guns called me back again, b-side del singolo di The word that maketh murder.

Setlist:
Let England shake / The words that maketh murder / C’mon Billy / Down by the water / The devil / The glorious land / The guns called me back again / The piano / England / The last living rose / All and everyone / Written on the forehead / In the dark places / The sky lit up / Angelene / Pocket knife / Bitter branches / On battleship hill / The colour of the heart / [encore]: Big exit / Silence

Momento migliore: come si diceva lo spettacolo è stato costruito per dare assoluta attenzione ai pezzi nuovi che dal vivo splendono davvero. Non è quindi un caso che a risaltare su tutti gli altri in particolare ci siano The last living rose,  In the dark places, la title-track e The word that maketh murder, quattro pezzi che già sul disco la facevano da padrone.

Pubblico: una carriera eterogenea come quella di Polly Jean non poteva che richiamare un pubblico tutt’altro che compatto. E, anche se mediamente di età molto più alta del previsto, Piazza Castello è stata presa d’assalto da Giacche, Barbe, qualche Spilletta e alcuni Sinapsi in incognito. Tutte ad applaudire compatti l’esibizione e a chiedere al gruppo di suonare ancora fino ad arrendersi solo nel momento in cui i tecnici hanno iniziato a smontare l’impianto luci.

Conclusione: La bellissima cornice offerta da Piazza Castello e la sempre ottima organizzazione del Ferrara Sotto Le Stelle hanno fatto la loro parte. Pj Harvey e i suoi degni compari l’altra. Una bella serata se non fosse che di una cosa si sono lamentati un po’ tutti: la scarsa durata dello spettacolo. Un’ora e mezza è poca cosa per riassumere tutta la carriera di Polly. Ma l’intento non era quello, l’obiettivo era rappresentare “Let England shake” e così è stato.

Foto di Federico Tisa

SlideShow by Federico Tisa