L’idea di organizzare un festival è un’idea come un’altra. Servono soldi, gente che organizza, la scelta degli artisti, volontari, entusiasmo: la formula non è poi così complicata, di per sé; richiede risorse economiche e impegno, questo sì. Al Vasto Siren Fest, tra venerdì 24 e sabato 25 luglio, si sono esibiti circa 18 gruppi, dalle sette di sera fino a tarda notte, davanti a un pubblico fantastico. Vasto, incantevole panorama sul mare, ha accolto a braccia aperte tutta la gente che si è aggirata per due giorni per le viuzze del paese, spostandosi da un palco all’altro in un’atmosfera intensa e… “disimpegnata” al punto giusto. A Vasto è bello gironzolare, guardarsi i concerti, bersi una birra, mangiare gli arrosticini. Il successo della seconda edizione del Siren è probabilmente la prova che un festival a misura d’uomo, con una line up molto varia e di tutto rispetto, è possibile e piace. Perché è così bello? Perché si capisce che gli organizzatori vogliono richiamare un pubblico eterogeneo, non fare un festival di “genere”, usare gli spazi aperti della città (con o senza palco) come punti cardinali tra i quali muoversi liberamente. Al Vasto Siren non si prova mai la sensazione di essere chiusi nella cosiddetta area concerto, è tutta un’area concerto, in movimento, i concerti dislocati non sono in contemporanea, ci sono i fan dei gruppi che suonano, ci sono quelli che vogliono vivere e vedere tutto il festival. Il pubblico si sposta: c’è IOSONOUNCANE (Qui la nostra intervista) che suona alla Porta San Pietro (tutti i concerti qui erano gratuiti, e io lì ho scoperto i Mamavegas); poi arrivano i Verdena, che creano un’onda atomica nella piazza principale, c’è Scott Matthew, seduto sullo scalino tra le piante i fiori dei giardini di Palazzo d’Avalos, e che dopo dieci minuti comincia – e fa venire la pelle d’oca azzardando cover di Rod Stewart, Whitney Houston e i Radiohead. Puoi non conoscere le Pins o Is Tropical, ma ai loro concerti ti fermi lo stesso, il tempo che vuoi. Non sei stanco, e c’è Colapesce molto rock al cortile d’Avalos, dove il giorno prima hai visto i Sun Kil Moon. E i superospiti della seconda edizione, nelle due seconde serate del festival: Jon Hopkins, mago della musica elettronica, in ritardo col volo da Londra, che abbiamo tutti aspettato trepidamente fino alle due di notte, e James Blake, molto atteso e acclamato. Per chi voleva continuare, i djset in spiaggia fino all’alba. Il tempo è passato veloce ed è stato un vero godimento. È “Un festival originale, ambizioso” ha detto in un’intervista Pietro Fuccio di DNA concerti, che insieme all’americano ha creato il Siren Fest, con il contributo della regione Abruzzo e del comune di Vasto. Meritevole ambizione quella di creare un festival degno di questo nome, che cresce proponendo al pubblico un’idea precisa, che va oltre il singolo evento concerto(ne) o la rassegna estiva. Hanno iniziato, e a giudicare da quello che sento è partito il passaparola, in attesa della terza edizione.
Qui la gallery completa
a cura di Nadia Marini