Oro(di)scopo Febbraio 2017: i migliori album segno per segno!

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L’Orodiscopo parla di te: sono una serie di segni “zodiacali” che riguardano i tuoi ascolti. Ogni segno infatti definisce una particolare tipologia di ascolti musicali, o di atteggiamento nei confronti della musica: a te scoprire quello, o quelli che ti sono più affini! Guarda le schede per cominciare a orientarti. [continua]


moon-duo-occult copy[DISCO DEL MESE]
Moon Duo – Occult Architecture Vol. 1
: Barba [?]
Evocare il mistero. Confutarne i segnali sfuggenti applicando la filosofia ermetica e lavorando sul concetto di “occulto”; smarcandosi dai dettami consueti legati al maligno ed abbracciando il rapporto trascendente fra uomo ed entità divina. Basandosi su queste premesse, i Moon Duo arrivano ad avere tantissimo materiale sonoro. Così tanto da poter concepire una dualità (Buio-Luce) da esprimere in episodi separati. Dapprima ragionando su un doppio lavoro, per poi scinderne le parti. “Occult Architecture Vol. 1” è il primo lascito scaturito da questo processo – quello legato ad un’oscurità che si fa mistero, anche grazie ai dettami esposti da scrittori e alchimisti quali: Mary Anne Atwood, Aleister Crowley, Nathaniel Hawthorne. [Continua]

Angela Baraldi – Tornano Sempre: Giacca [?]
Angela è fin da piccola ammaliata dal palcoscenico – “che bel lavoro fanno quelli, ballano e cantano e li pagano pure!” Pensa la sua giovane mente. Lo scarto arriva però qualche tempo dopo nel buio della sua cameretta; cuffie nelle orecchie e sul piatto le prelibatezze catturate dai fratelli in giro per il mondo. Progressive e Psichedelia, Pink Floyd e Genesis: tanta roba per una piccoletta – forse è proprio così che si alimenta la fantasia “creativa”. Un passaggio che ne segnerà le velleità future, il proverbiale: cosa vuoi fare da grande?Lei lo sa benissimo. E la risposta non è univoca. Esprimersi si, ma in più direzioni, cercando di muoversi bene fra i contesti per sfuggire alla regola del: tantissime cose, fatte in maniera mediocre. A lei non capiterà mai. [Continua]

Cut – Second Skin: Nichilista [?]
La genesi del nuovo lavoro presenta delle discrepanze con la metodologia passata. Non più una registrazione in presa diretta – con l’idea già bella pronta del disco – ma il raggiungimento di un lavoro coeso mediante svariate session; anche per via del fatto che nel frattempo dalla band è uscito Francesco Bolognini (batteria). Quindi spazio alle idee, ed alle collaborazioni. Del resto, balenava già da tempo nell’aria l’idea di lavorare su un album che prevedesse una presenza massiva di collaborazioni – dal titolo “Cut Must Die“. Da qui, avendo già svariato materiale da parte, i nostri hanno deciso di integrare alcuni pezzi e qualche ospite appartenenti alle registrazioni di Cut Must Die all’interno del nuovo Second Skin: il disco del ventennale. [Continua]

Cosmetic – Core: Sinapsi [?]
Crescono, non guadagnano in ottimismo ma conquistano un’identità più definita, riscoprendo lo stile degli esordi; ecco che cos’è l’ultimo capitolo discografico dei Cosmetic, che suonano assieme da tempo immemore senza perdere la magica aura della bella giovinezza – a giudicare dall’attitudine che anima le tracce di “Core”, il loro nuovo album appena uscito per l’etichetta To Lose la Track in collaborazione con Dischi sotterranei (copertina di InserireFloppino). Facciamo un passo indietro, perché in questo caso la storia del gruppo è importante: un po’ sfalsati sulla linea temporale, per questioni principalmente ignote i Cosmetic mancano l’appuntamento con le edizioni d’oro di manifestazioni come “Musica nelle Valli” – li avremmo visti volentieri calcare il palco tra i Death of Anna Karina e i Three Second Kiss nel 2003 –, ma rimediano poi velocemente diventando protagonisti del mitico Tafuzzi Days nello scenario di quella riviera romagnola che è la loro patria. [Continua]

Fast Animals And Slow Kids – Forse non è la felicità: Spilletta [?]
Ricordo la prima volta che ho ascoltato i FASK. La giornata era iniziata rovinando i tavoli di un avvocato, proseguita ululando da Equitalia. Dieci ore di lavoro e una febbre in incubazione. Proprio mentre mi accasciavo sul divano, un’amica mi sequestrò per un concerto. In macchina mi disse: stavolta ti faccio sentire io qualcosa. Mise “A cosa ci serve. Il 2013 volgeva al termine, faceva freddo e tra di noi aleggiavano due fumi: quello del nostro respiro sotto zero e quello delle sigarette. Il pezzo era una delle cose generazionali più toccanti e ben interpretate che avessi mai sentito. Ma che gruppo era? I loro album non avevano ancora raggiunto lo spessore che arriverà in seguito; c’erano cose interessanti, altre esaltanti, molte cose da rivedere, alcune ingenue. Poi arrivò “Alaska” e fu un passo verso la maturità. [Continua]

Iron Reagan – Crossover Ministry: Truce [?]
Tony Foresta da ragazzino era un tipo strano – di quella stranezza che ammanta tutti i piccoli curiosi – ed iperattivo. Fra le tante attività che riempivano la sua giornata spiccavano il Surf, il Wrestling e anche la recitazione; peccato fosse una schiappa in ognuna di esse. Nelle sue orecchie giravano i Beastie Boys e la furia intransigente di Ian McKaye (Minor Threat). Questo fino al 1994, quando prese una scuffia irreparabile per i Sonic Youth – e come biasimarlo. Con il nuovo millennio arrivano le frequentazioni Hardcore, gli amici che vanno in fissa per il Thrash Metal e la decisione di mettersi in gioco. Tony, del resto, possiede una bella voce duttile, capace di innestarsi in entrambe le dinamiche di cui sopra: e poi preferisce starsene in giro a suonare piuttosto che lavorare in un discount. [Continua]

Matteo Vallicelli – Primo: Eyeliner [?]
Un’infanzia a contatto con i dipinti – il padre è insegnante di storia dell’arte –, poi nel 2013 il trasferimento a Berlino e la smania per il synth. Matteo Vallicelli è il batterista in sede live dei The Soft Moon , membro dei Death Index, nonché il primo italiano ad incidere per Captured Tracks. Ma andiamo per gradi, perché se alla fine arrivi ad aprire i concerti di Trentemøller un motivo c’è, eccome. Lui batterista sopraffino – chiedete a Luis Vasquez (The Soft Moon) –, arrivato nella capitale tedesca per chissà quali dinamiche di vita, scopre la bellezza dell’agire in solitudine: scoraggiato dalle difficoltà nel reperire gli elementi per comporre una band. Così, grazie al rinomato contesto musicale berlinese, s’appassiona a tutte quelle dinamiche che ruotano attorno al sintetizzatore. Ne diventa appassionato, sfruttando l’amicizia con l’etichetta di Brooklyn – approfondita grazie all’esperienza con i Soft Moon – che decide di buon grado (vista la qualità) di dare alle stampe “Primo“. [Continua]

Xiu Xiu – Forget: Sorcino [?]
Quando il mondo si fa elettronica concettuale, Jamie Stewart guarda in basso, e, noncurante, raccoglie in Forget la più coinvolgente collezione di musica libera. L’aggettivo vuole specchiarsi in due universi differenti: da un lato, la libertà è quella che la musica degli Xiu Xiu ha sempre rappresentato, libertà di temi, libertà d’espressione, libertà nel non essere di genere, e nell’esserlo; dall’altro, facciamo riferimento a quella mancata schematicità che gli Xiu Xiu hanno ritrovato in un processo creativo travagliato. Forget ha richiesto due anni di gestazione: il primo anno e mezzo ha portato frustrazione, gli ultimi cinque mesi hanno permesso la nascita di qualcosa di compiuto. [Continua]

Bonobo – Migration: Avatar [?]
Tiepide e malinconiche atmosfere, l’effimero sciogliersi di cristalli di brina e la loro scomparsa, misurate vibrazioni di una musica post-tribale; la migrazione avviene grazie al pianoforte di Jon Hopkins che, con la traccia omonima segna il passaggio – rispetto al precedente album – verso una nuova forma. “Break Apart” è una lenta ninnananna per carillon, con il ticchettio di un metronomo che segna il tempo; un caldissimo e soffuso viaggio fra i violini e le rassicuranti parole di Rhye. I sample usati, composti, smembrati e rimontati di Simon sono stati catturati in giro lungo il suo lunghissimo e passato tour; qualcuno è stato catturato in aeroporto di notte, qualcun altro è stato composto a Los Angeles – la sua casa da qualche anno. [Continua]

Molly Burch – Please Be Mine: Robinson [?]
Con il debutto di Molly Burch, la Captured Tracks continua ad ampliare il suo roster. E allarga un altro po’  l’orizzonte futuro. L’etichetta di Brooklyn stavolta punta su un’artista diversa da molti esemplari della scuderia. Bene o male, potrebbe ricordare da vicino Angel Olsen o magari Weyes Blood. Per un verso le coordinate sono quelle di un folk singing dalla patina molto rétro. Per un altro sono anche quelle di una crooner (rétro anche qui, certamente) che fa pezzi da jazz club anni ’50. Atmosfere di fumo denso (“Downhearted“), sensualità suo malgrado (perciò vincente) e compostezza d’altri tempi. Molly è meno sfrontata di molte colleghe come la citata Olsen. E rispetto a Weyes Blood, per intenderci, è molto più rassicurante. Nella biografia della Burch ci sono un papà e una mamma nello showbiz che hanno fatto di Nina Simone, di Billie Holiday, e dei musical, il vero nutrimento della piccola Molly. [Continua]

Dead Witches – Ouija: Dispari [?]
Quello dei Dead Witches, band che vede la fusione “magica” delle menti di Mark Greening (Electric Wizard, Ramesses, With The Dead) e Virginia Monti (Psychedelic Witchcraft), è un Doom Metal occulto che scorre lento ed inesorabile nei sotterranei del suono. Parliamo di un magma ipnotico e seducente carico di un’estetica dal forte impatto mistico. Ouija, il loro debut album, custodisce tutto il fascino misterioso e oscuro del genere amalgamato a torvi incanti Psych e Stoner. Si viene così risucchiati dalle malie ritmiche dei riff reiterati, dal drumming che sprigiona un’incessante trance sonora specie se associata ai mantra vocali. All’interno di un’atmosfera sovrannaturale, e dal sapore lo-fi, si dipanano le sei tracce del disco: scivolando sibilline dalla piovosa “Intro” per giungere ai macigni della successiva “Dead”. Sono vere e proprie aggressioni sonore quelle di “Drawing Down the Moon” che culminano nell’incedere Doom tout court della title-track. L’oscurità avvolge Mind Funeral per poi penetrare profondamente l’ascolto in A World Of Darkness. [Continua]