Un Febbraio che si conclude fra le urla di gioia – anche un filino isteriche, soprattutto sui social dove la santificazione del biondo attore Americano è già in corso – delle fan di Di Caprio, felici per il raggiungimento dell’Oscar, quantomai meritato, da parte del loro beniamino. Sullo sfondo, rimangono i tromboni che da quel Titanic, capace di mandare in brodo di giuggiole un’intera generazione di vagine, non si sono più ripresi. Un altro Oscar lo vince Morricone per la colonna sonora di The Hateful Eight, il nuovo western a firma Quentin Tarantino. Jesse Hughes perde l’ennesima occasione per stare zitto e Morrissey continua imperterrito il suo percorso verso il raggiungimento dello status di rock star più capricciosa del mondo.
Ah, poi ci sono i dischi!
DISPARI: Drive Like Jehu – S/t
È questo, in breve, il miracolo dei Drive Like Jehu: essere riusciti a rivoltare il rock come un calzino, quando ormai ci avevano già pensato gli Slint e i Fugazi. [continua a leggere] #classics
AVATAR: Tricky – Skilled Mechanics
Lo scontro di un passato magico quanto irripetibile che affronta timidamente il minimalismo moderno. Il blues intriso di passione oscura e il cuore di Adrian che batte ancora su Bristol. [continua a leggere]
EYELINER: Kill Your Boyfriend – The King Is Dead
The King Is Dead esce il 29 settembre 2015 per Shyrec: secondo, funereo LP dei Kill Your Boyfriend. La band veneta affila le unghie ed i coltelli, per la sua personale ecatombe. [continua a leggere]
OCCHI CHIUSI: Money – Suicide Songs
Sebbene il concetto ‘funereo’ sia soltanto un ingannevole preludio sconfortevole all’interno delle nove tracce – ben predisposte a spiragli di nuova luce idilliaca –, il sentimento malinconico assorbe le venature del pop mistico sin dalle prime battute. [continua a leggere]
GIACCA: Venus In Furs – Carnival
Nell’affollato crogiolo Italico, sempre più farcito da musicisti infatuati per la decadenza posticcia dei nineties, fortunatamente non esistono solo meri emuli dei fratelli Ferrari — Verdena. Sebbene l’incipit, la scintilla di molti, forse troppi, rimandi alle strutture musicali desolate e desolanti della Seattle Grunge, con gioia accogliamo chi, pur partendo dalla medesima estetica, sia in grado si rielaborare la proposta a propria immagine e somiglianza. [continua a leggere]
SPILLETTA: Brothers In Law – Raise
Con Raise i Brothers in Law hanno confermato e superato le qualità espresse nell’album d’esordio. Puntando su sonorità che lambiscono l’indie rock, il noise pop e l’elettronica: edificando un panorama ancora poco esplorato in Italia. [continua a leggere]
SORCINI: Rosie Lowe – Control
“Control” è il titolo azzeccato per un album in cui musica, pulsioni e paranoie sono incastonate tra loro chirurgicamente, forse anche troppo; un’esplosione inevitabile ma controllata in cui l’eco risuona gradevolmente nel nostro ascolto. [continua a leggere]
SINAPSI: Yoko Ono – Yes I’m Witch Too
Non è tanto il risultato, che tra l’altro pare assai più malinconico rispetto al precedente – vedi Walking on Thin Ice –, ma la concettualità di fondo ad essere interessante: quella che le permette di essere apprezzata da molti artisti contemporanei come monumento vivente dell’avanguardia. [continua a leggere]
ROBINSON: Rihanna – Anti
Un viaggio notturno che si snoda sinuoso fra ritmi hip-hop, echi di cinema score, electro-soul da hit parade, e numeri marpioni che farebbero la gioia di qualsiasi strip-club. [continua a leggere]
NICHILISTA: Pop.1280 – Paradise
Il disco non è sicuramente ciò che si ricerca in fase di meditazione, ma qualche spunto di riflessione lo fornisce grazie alle tematiche trattate: oltre a presentare un’ottimo noise rock farcito di elettronica e drum machines di supporto capaci di lanciare l’ascoltatore in un futuro incerto ed inesplorato. [continua a leggere]
TRUCE: Oranssi Pazuzu – Värähtelijä
Värähtelijä è un ulteriore passo avanti verso il frastornamento e la disperazione; un oscuro caleidoscopio di ombre e di suspense; un incubo sonoro contemporaneo con aloni vintage. [continua a leggere]
BARBA: Sun Kil Moon & Jesu – Jesu / Sun Kil Moon
Il movimento che fa Kozelek con il braccio quando canta, diventa il movimento della vita. Sospesi nell’alternarsi di gioia e dolore, creiamo sintesi psichiche del nostro esserci, elaborando esperienze e mantenendo l’equilibrio. Sun Kil Moon effettivamente rappresenta questo movimento continuo, non dal punto di vista musicale, ma da quello umano. [continua a leggere]